Aprile potrebbe essere qualsiasi cosa. Anzi, aprile è stato qualsiasi cosa, un primo e secondo tempo tra la Pasqua e il ponte del primo maggio. Eppure, per una ragione improvvisa, inattesa e amara quanto poche altre, aprile 2018 è e sarà per sempre in cui il mio amico a quattro zampe se ne è andato. In silenzio, acciambellato sulla sua poltrona, io distante e ignara. Ha deciso di seguire un altro amico che se ne era andato pochi giorni prima, stabilendo un ponte metaforico di pianti e mancanze silenziose, rafforzando un’amicizia umana attraverso fusa e nasi umidi che mancano, e continueranno a farlo.

Mi basterebbe dire questo di aprile, perché è la cosa più enorme e vasta, l’improvviso dramma che confonde e stordisce gettando sullo sfondo tutto il resto. Ma tutto il resto è tanto, grande, colorato, caotico e anche se è caratterizzato da uno stress intenso, forse val la pena guardarsi indietro e cercare di strutturarlo, tra un’onda di caldo estivo capace di sfasare mente e fisico, scoperte, incontri, agende brulicanti e un mese pesante come il piombo che è sfrecciato.

Aprile è stato il mese del lavoro. Lo scrivo spesso, ripensando ai miei mesi in questi appuntamenti sul blog. Ma aprile 2018 fa la differenza innanzitutto sulla carta, e nelle responsabilità. È un’opportunità bella e importante, una fatica vera, che solletica, innervosisce, rinvigorisce e stanca, che inchioda alla scrivania, costringe a salti mortali, accelera le dita sulla tastiera, aumenta i fogli di appunti e annotazioni. E in mezzo alla quale il weekend assume un nuovo improvviso valore, aria che si respira, tempo da ottimizzare, amici da tenere stretti.

Aprile è trascorso in maggior parte a Torino, tra un aperitivo assurdo in mezzo a un mare di palloncini arancioni, bodyguard e un dress code fatto di jeans e giubbotto poco alla moda, perfetto per una serata improvvisata tra incontri casuali e un concerto al tempio valdese. Momenti così, vagamente folli e incomprensibili, alternati a una ricercata tranquillità domestica per regolarizzare i battiti. L’andamento è un po’ sinusoidale ma tutto sommato permette di stare a galla senza inciampare né affogare.

Poi, senza preavvisi di sorta, è scoppiata la bolla di caldo estivo che più o meno tutta Italia ha patito nella seconda metà di aprile. Chi ha una vita appesa a un trolley sa bene che non sempre il guardaroba a disposizione va d’accordo con il meteo, ed ecco dunque dieci giorni di panico, 25 gradi sui tetti, la necessità di fare dello shopping, nonostante tutto, e la voglia di estate che serpeggiava tra le piazze abbaglianti di sole in una città deserta, in un sentirsi fuori luogo, fuori stagione, fuori dall’ordine sensato. Eppure quanto sono stati belli e dolenti i Giardini Reali con le loro sdraio e seggiole all’ombra dei grandi alberi che continuano ad affascinarmi e farmi sentire in una capitale europea, ché al mare ho sempre e solo visto palme e ulivi, qualche pino marittimo e i pitosfori che a fine mese hanno iniziato a segnalare la loro presenza odorosa, promessa d’estate. Non mi sono sentita pronta a quest’estate improvvisa: sopraffatta dal caldo, dall’abbigliamento, dalla voglia di fare e uscire contro un’assenza cronica di energie, tutte spese nel lavoro, che pure è una cosa nuova ed eccitante.

Non mi capacito sia passato così tanto, da una Pasqua che sembra già lontanissima a un’aria calda di scirocco, via la giacca, serate con la finestra spalancata e il chiarore che dura a lungo, e meno male, perché ad aprile c’è stato anche il black out torinese di una notte, su un bus che transitava in una piazza Castello inesistente, ingoiata dalle tenebre, e l’ingresso in casa con la torcia, come i ladri, le candele e i fiammiferi osservando la luna sui tetti, sentendosi un po’ soli, un po’ minacciati dalla centralità della tecnologia, senza la quale siamo a terra.

Ma al di là del black out, la Torino di aprile ha avuto il profumo di jazz, in un festival di cui ho visto poco e niente, vivendo con intensità un pomeriggio tra balli lindy hop e swing di strada incantevole. Tanti gli eventi che ho seguito, tante le scoperte: il Museo di Pietro Micca e le Gallerie sotterranee della cittadella e del “Pastiss” in una giornata di sole, il 25 aprile, in cui innamorarsi ancora di una città splendida e brillante nella calma della festa, nella profondità e centralità del ricordo, che nella mia testa si ricostruiva tra libri e pagine.

È stato un aprile di letture a spizzichi e bocconi, ma un aprile in cui ha preso forma una Torino di carta, in attesa di progetti e possibilità che forse sonnecchiano o forse chissà, ma in ogni caso mentre la giostra mi porta avanti, credo di aver trovato qualcosa di nuovo, importante e bello, da conservare e attraverso cui riscoprire per la centesima volta la città che mi ospita, un po’ ostile e spietata negli sbalzi di clima, ma affascinante nel suo abbraccio grande, che accoglie tutti.

E così aprile è andato avanti nonostante tutto: le pile di libri sul comodino, con le matite al centro e i fogli su cui segnare cose, le difficoltà a incastrare, a organizzare, a bere una cosa con un’amica raccontandosi cos’è successo nelle ultime tre settimane, mentre il mondo girava sul giornale e la mia testa era lì. Un occhio al reale, un occhio al lavoro, la testa lì nel mezzo, tra due universi sempre separati, e mi sento più ricca, ma anche più povera perché ho perso il mio amico, mentre lavoro ci penso, ci penso spesso e aprile si cancella e non resta che chiassosa polvere che svanisce col vento.

C’è stato il concerto di Jovanotti, in questo aprile concentrato, una bella intervista con annessa serata dedicata a Brave con la lingua, il libro curato da Giulia Muscatelli, la macaia sul mare verso Bordighera, una catena di assurdi incastri in poche ore di sole in Riviera, gli ombrelli colorati di Genova, e anche la Nuvola Lavazza, io che mi infilo senza accredito sfidando la sorte e con una sorprendente botta di fortuna faccio pena all’ufficio stampa che mi permette di entrare, mi sfila Bruno Vespa di fianco, trovo Favino sul palco e visito un museo meraviglioso dove si celebrano il caffè, Carmencita e dove mi offrono uno spritz al caffè alle due di pomeriggio a stomaco vuoto. Ci sono gli acquazzoni, in questo aprile, un orto urbano e il chiasso dei bambini con le mani nella terra, i saluti sempre più frequenti ai colleghi, l’ultimo carnet dei mezzi pubblici prima che cambi il regolamento Gtt, un gelato la sera tra le fontane di piazza Castello che sembra estate, il profumo delle fragole e gli incontri assurdi alla fermata del bus, come quello con la ragazza che mi ferma per tenerle un sacchetto con delle baguettes da coprire: «a volte servono proprio 4 mani».

Ci sono poche recensioni di libri, perché poche sono le letture, anche se la vita nel mondo libresco ed editoriale pulsa tra Salone del libro, gruppo di scrittura, file word che si perdono nell’etere e altri che sono pubblicati, e presentazioni. Aprile si è concluso con due giorni assurdi per la gente, gli episodi e il clima di una Liguria che dall’estate ha deciso di tornare a una normale primavera di pioggia, e l’ha fatto col vento forte che sale dal mare, percorre il molo e si infila nella galleria del vento di un posto incantato come le Logge di Santa Chiara. È lì che mi trovavo con il mio amico libraio e con Simone Tempia. Sì, quello di Vita con Lloyd, che ho avuto l’onore di presentare il 28 aprile alla Libreria Ragazzi, in un pomeriggio di capelli mossi e pioggia, salite a caso su una Panda, pupazzetti, edicolanti storici e sigarette nell’angolo del negozio di caramelle, ripensando a De Amicis e alle lastre fotografiche dei primi del Novecento.

In fondo a tutto questo delirante ricordo affastellato, credo sia stato un aprile a rilascio graduale, di cui spero attraverso questo post di riuscire a rivivere i momenti belli e colorati oltre la stanchezza, oltre la tristezza, oltre i ricordi così intensi da non lasciare ancora la forza di riguardare le foto.

Author

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!