«Teniamoci stretti che c’è vento forte», così recita la poesia di Guido Catalano attorniato da musicisti. È una delle cose belle che ascolto stamane mentre recupero il diario di ieri notte e cerco di rilassare me e la mia cervicale incriccata. Alle 7 di stamane ci ha svegliato il telefono: “oddio, arrivo subito” le parole di mio padre che sento. L’adrenalina mi dà una botta da mille, oltre a svegliarmi perdo in un nanosecondo tutta la pace del sonno ristoratore nella domenica mattina.

Origlio, capisco che non è nulla di grave – nonna è caduta, si è fatta male ma è risolvibile, almeno si spera – provo a riprendere sonno ma ormai la pace è andata, si agitano immagini confuse, il sonno è fragilissimo e non resta che togliere la modalità aerea dal telefono: buongiorno mondo in quarantena, oggi è il giorno numero 14, è finito il giro della seconda settimana.

Dicevo che la domenica mattina è trascorsa in voluta rilassatezza, il pigiama, il pc, due pagine per mettermi in pari: anche à contrainte alle volte contravviene alle contraintes. Che altro? Ordine: file, libri scaricati gratuitamente – a palate, in questi giorni – mail vecchie da sistemare, fogli volanti, backup e memorie esterne. Ah, che pace.

Ho archiviato i trolley, perché Torino in questo momento è un luogo distante nella mente e nella geografia, anche se ogni tanto penso alle tre mele fuori dal frigo, alle cose che saranno ormai scadute. Succede: all’improvviso ti trovi bloccato, all’improvviso cambia tutto. Infatti sorrido e intravedo un gran bel soggetto per un film quando guardo, pomeriggio, un video di uno dei miei professori universitari che racconta di essere rimasto bloccato sulla costa atlantica della Francia, senza libri, e di aver dunque radunato tutti i libri trovati nell’appartamento airbnb per cercare un po’ di capire quale dieta editoriale fosse in vigore tra quelle mura.

La dieta di oggi a casa mia è tipicamente domenicale, e fatta di farine e lieviti: impasto il pane, impasto per gli gnocchi al cavolfiore la cui ricetta ho pazzescamente trovato su D di Repubblica e non su giallozafferano. E mentre impasto sistemo cose, stampo articoli che vorrei leggere, cancello mail, ordino arretrati. Ce n’era un gran bisogno.

A tv spenta, riordinando per allestire una nuova partenza, la porta momentaneamente chiusa all’ansia, accade magicamente che tutte le mancanze – ed è questa la parola del giorno, mancanza – che mi tormentavano nelle ore post sveglia adrenalinica, si sciolgano. Pare venga naturale sentire gli amici: chi mi segue durante l’intervista radiofonica di Radio Veronica One, ho una claque di appassionati. Chi ascolta la mia stanchezza e la coccola, chi c’è, nello spazio vuoto di una domenica di cui si sentiva tantissimo bisogno.

Curare le mancanze, ricolmarle, allineare, per ripartire, più forti. È un susseguirsi, questa giornata: di telefonate, di messaggi, di foto e di videochat, e mentre scorre un tempo in fondo vuoto io sento che mi ricarico delle energie che fino a oggi sono state ballerine. Sparisce il nero, o forse è solo relegato alla parte sotterranea dove deve stare. Non c’è ansia, solo limpidezza, trasparente felicità di sentire le persone, condita da un pizzico di follia. Sarà la quarantena, ci diciamo tutti. Ma la verità è che cerchiamo risposte che non troviamo e abbiamo imparato, io e le persone che mi circondano, a usare la creatività.

Oggi è cambiato qualcosa, non so cosa: la tensione ha toccato il vertice, come ci aspettiamo faccia presto la curva dei contagi, e poi si è lacerata, scoprendo che potevamo riscoprirci senza che nessuno si facesse male. Scoprendo che era normale dirsi “mi manchi”, e altrettanto normale era colmare la distanza con i tantissimi mezzi a disposizione.

E allora «teniamoci stretti, che c’è vento forte» mi suggeriva Guido Catalano: mi anticipava la giornata e io non lo sapevo ancora. Aveva ragione lui: la bellezza e l’amicizia hanno sempre ragione, anche quando rifanno capolino sulla via dopo una maratona di curve e precipizi e capitomboli. Mai lasciare il passo alle cose brutte, mai. C’è sempre un dettaglio a cui non abbiamo pensato, una piega delle vite altrui di cui non avevamo la visione completa. Tutti umani, tutti qui, ad aspettare, un po’ annientati, un po’ bisognosi di cucinare e di lasciarsi andare, un po’ folli, ma è bello così.

E poi c’è un’altra cosa bella che ho ascoltato stamane, in versione video collettivo ognuno dalla propria cameretta: Lettera al prossimo, Eugenio in via di Gioia

Cala la notte su tutta la Terra
E io continuo a pensare
Di avere vinto la guerra
Ma poi non riesco a dormire

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Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!