È il giorno numero 25, avremmo dovuto chiuderla qui. Invece no. Quando ho iniziato questa specie di diario, di raccolta di pensieri volanti e irrequieti, pensavo che sarei giunta a una meta, che avrei, proprio come l’eroe archetipico, affrontato prove, acquisito competenze, guadagnato in conoscenza e maturità. Sarei, insomma, giunta alla fine di una trama che mi ero disegnata per riempire questi 25 giorni iniziati con una struttura chiara e conclusi, al contrario, con le macerie della mia vita di prima.

Non è stato così, un po’ perché era chiaro da tempo che la quarantena sarebbe proseguita, e non mi sono affrettata, un po’ per la reale difficoltà a impegnarmi in un disegno organico, a correre verso un orizzonte. Quell’orizzonte, infatti, non lo ho: vivo nell’oggi, piccoli ritagli di tempo a cui do un senso, un senso circoscritto, passin passetto. Cucinare qualcosa, mettere in ordine qualcosa, scrivere qualcosa. E poi? Poi non lo so.

La parola di oggi, non a caso, è trama. Il tentativo, mio e di tutti, di costruirne una: di intessere, di dare senso, di costruire un racconto. Ci provo io nel mio piccolo: oggi scrivo un racconto che pesca storie antiche, luoghi di affetti, stanze arancioni e amici svegli di notte. Non ha pretese letterarie ma mi fa molto sorridere, e chissà cosa colpisce nella testa dell’amico coinvolto, a cui lo mando, e con cui, via messaggio, si accende una specie di lampo, un flash, un tassello di preziosa porcellana dipinta che ricostruisce il vaso dei ricordi, il nostro unico vaso dei ricordi.

Se quel che è stato è una storia scritta, a cui far prendere forme differenti ma, bene o male, sempre su un tracciato già disegnato, il destino futuro è invece, ora, tutto da capire, da aspettare. C’è la stasi, ora, e non è possibile allestire alcun piano. Dunque la prendo con calma: scrivo, ci provo gusto oggi, mi prendo il tempo.

Fuori, intanto, si sommano le retoriche: come saremo dopo? Come sarà il mondo? Chi, cosa, dove? Tutti all’opera, specialmente attraverso articoli scritti, per cercare di dipingere scenari possibili. Cosa è già cambiato, cosa cambierà, perché, e a quali costi, con quali scacchi, chi sarà escluso, chi non subirà alcun cambiamento.

Oggi non voglio pensare alla follia burocratica che, pure, mi riguarda come riguarda milioni di persone. Non voglio nemmeno pensare alle difficoltà che saranno. Mi piace immaginarla come una possibilità aperta: continuiamo, va bene, si prosegue così: questo tempo scongela le idee, spinge a crearsi nuovi ordini, priorità che si modificano. Tutto ancora personale, per ora: spingersi oltre e immaginare un mondo calibrato sulle esigenze dei singoli mi sembra davvero troppo.

Da uno spiraglio dei pensieri fa capolino una certezza: la vita di prima non mi manca. È un’idea che mi spaventa un po’, ma della quale voglio cogliere solo la parte positiva, quella illuminata. E ci rifletto, la accarezzo, la tengo qui sulla scrivania mentre brucia la candela profumata che ho acquistato in offerta il 7 marzo e che, ho deciso, mi accompagnerà in questo percorso. Sarà un odore da accostare a questo tempo, sarà un barattolo, una volta svuotato dalla cera, in cui conservare le parole e i pensieri.

La canzone è perfetta: Gravity, John Mayer

Gravity is working against me
And gravity wants to bring me down
Oh I’ll never know what makes this man
With all the love that his heart can stand
Dream of ways to throw it all away

Leggi tutte le giornate del mio diario di quarantena: 25 giorni a casa.

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Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!