Videochiamate ovunque, dalle nostre vite personali al telegiornale. Quali cambiamenti ha portato l’emergenza sanitaria nelle nostre vite e nel lavoro dei giornalisti? Mi sono dilettata in un’analisi semiotica, tra New Yorker, Tg La7 e Massimo Lopez, la trovate qui!
In terrazza con Calvino: sei appuntamenti video per rintracciare un filo rosso che unisce terrazzi, balconi, punti di vista alti, scrittura e sguardo sul mondo. Da Palomar al Barone rampante, dalle Lezioni americane a Ti con zero e La strada di San Giovanni.
Oggi è il giorno 25: sarebbe dovuta finire qui, pronti e guariti, il 3 aprile si torna a vivere. Invece no: mani sulla tastiera, rifletto sulla trama, sulle trame, e su tutte le storie che sono e potranno essere. Pare vada molto di moda.
Un post al mese: per vedere come va, per raccontare quello che mi è successo, per spaziare e fare i conti con il sito, con me stessa, con la realtà. Qui vi racconto marzo 2020.
Giorno 24: potrebbe essere quasi finita, e invece è diventata la normalità, o qualcosa di simile. Come nella normalità infatti ci sono giorni completamente sprecati. Ebbene, oggi è uno di quelli.
È il giorno 23 di un periodo che doveva essere lungo, ma sarà ancora più lungo. Scrivo, senza sosta, non come vorrei, ma posso arrivare al punto esatto, so che è possibile. Intanto i 25 giorni a casa si allungheranno, ma il titolo resta quello, ormai mi sono affezionata.
Lunedì, si riparte. Si perde il conto dei giorni di questo disastro, è quasi la normalità. Quasi, appunto. Tra navi, grecale, pedalate verso un muro e chiavi rotte, ma pur sempre chiavi
Terza domenica di quarantena: oggi è il giorno 21, poco sole, molta rilassatezza. Sistemo cose, e leggo. Leggo tutto il giorno perché ho tra le mani Rocco Schiavone, e sparisce tutto, solo silenzio.
Al ventesimo giorno di quarantena percepisco un bisogno grande di calma. Sarà il sabato, sarà il sole che è tornato, gli affanni passati, il bisogno di guardarsi dentro. Tutto questo insieme, mentre leggo, cerco equilibri, smaltisco arretrati
Quindi è venerdì. Una settimana che è volata, non so bene come, il tempo ha perso consistenza, frena frena frena. Eccoci: è venerdì. Fa un freddo invernale, piove, tutto è grigio, statico, un po’ vuoto. Oggi mi sento così: le ore si accavallano e concludo poco. Ho freddo, i pensieri tornano sui guai che sento e vedo intorno. Dovrei finire cose, anzi vorrei, perché questa tensione del “to do” mi disarma e mi stacca dall’ambizione vastissima che sto coltivando e che scalpita oggi più che mai: studiare. Studiare come soluzione lenta, come desiderio che finalmente, dopo anni, si ritrova. Studiare come voracità di saggistica che scalza il passo alla narrativa già da un pezzo. Forse ce n’era bisogno, forse era quello che volevo da tanto. Meno computer, più pagine. E magari tornare a imparare cose, ci provo già da oggi, in modo fallimentare con Indesign e le sue versioni non…