Marzo 2020: terza tappa della reading challenge dedicata a Einaudi. È il turno di uno dei fondatori, Cesare Pavese, e di un suo romanzo poco noto e meraviglioso: Tra donne sole.
Diciotto giorni a casa, tanto ci voleva per sistemare la sintonia, allentare la morsa, almeno provarci: oggi rifletto sull’ascolto, tanta radio, tanti libri, tanto freddo, quasi innaturale.
Giorno 17, la quarantena sblocca la lettura, attività rimasta sospesa. Decisioni, coltelli piantati sul tavolo, libertà ritrovate. Ragiono di questo, nell’ennesimo mercoledì di quarantena, e intanto scrivo, e leggo.
Questo articolo è stato scritto tra il 7 e l’8 marzo 2020, prima dunque del lockdown totale dovuto all’emergenza Coronavirus, prima delle cifre stravolgenti e allucinanti di morti e contagi: se vi stupirete di alcuni riferimenti ancora “leggeri”, per quanto il clima fosse ormai quello che viviamo oggi, 25 marzo, il motivo è questo. Come tante altre cose che penso e scrivo, questo articolo ha provato a farsi trovare da interlocutori più nobili e noti di questa pagina, senza successo. Ve lo presento dunque qui con un po’ di ritardo sull’ideazione, sicura che le riflessioni e i riferimenti che contiene siano ancora attuali e apprezzabili. «Mi hanno chiamato amici dall’Australia, mi hanno chiesto cosa succedeva in Italia, mi hanno offerto rifugio sicuro da loro: sono un’isola!». Questo ascoltavo una settimana fa nello spogliatoio della palestra, prima che tutto accadesse, prima di adesso. Un’isola: una porzione di terra separata dal resto…
Martedì, giorno 16 di quarantena e una calma diffusa che soffoca l’ansia e precede una risalita solo immaginata. Si pedala da fermi, si aspetta che il lievito salga, si sbotta, si legge di malavoglia, si ripensa agli anni Novanta.
Giorno numero 15: è lunedì, e sono all’improvviso senza lavoro. Non c’è molto altro a cui pensare, se non cercare di districare una matassa di 200 metri di lenza. Una metafora offerta su un piatto d’argento, anche se qualcosa, tra lo stomaco e la gola, fa un sacco di paura.
Domenica, giorno 14: sono passate due settimane. Il tempo rallenta, si rilassa per forza di cose, e tutto all’improvviso appare più ordinato, più leggero. Eccole, si colmano le mancanze, si riavvicina tutto, «teniamoci stretti che c’è vento forte».
Giorno 13: è sabato e la Milano Sanremo non passerà. Una gioranta con le mani in mano, con i guanti, la farina, la marmellata tra le mani che devono fare perché non sanno come altro reagire
Giorno 12, a casa da un mese esatto oggi. Il blu è il colore che dà nome al giorno: malinconie, cieli azzurri, blu botte e leggerezza celeste. Le radio unite, l’inno, l’ansia, la notifica, il video. La routine: sognano cieli azzurri da vivere
Abbiamo superato la decina: oggi è il giorno numero 11, il sole splende nel tempo delle ambulanze e la testa scoppia di pensieri e storie raccolte tra il telefono e la radio. Cerco il tempo per scriverle: non l’ho ancora trovato.