L’edizione è numerata, la carta di pregio, il disegno di copertina essenziale eppure già così comunicativo. Cercavo “I giorni del mare” di Pierre Adrian, pubblicato da Atlantide, da tanto, e ho avuto la fortuna di trovarlo usato, anche perché l’editore distribuisce solo attraverso librerie specializzate e non sarebbe stato così facile leggere questo che è un libro meraviglioso e che mi ha saputo parlare come pochi altri di una sensazione sfuggente e sempre, però, chiarissima.
Questo è un romanzo sulla nostalgia delle vacanze estive e dell’infanzia, ed è anche per questo motivo che l’ho letto a giugno eppure ne scrivo sul blog ad agosto. In un giorno particolare: il 16 agosto è il giorno dopo il giro di boa del Ferragosto. Le vacanze si avviano al termine, viene buio prima e l’estate dichiara senza più scuse la sua corsa verso la fine. E tutti, o la stragrande maggioranza di noi, ci sentiamo avvolti da una malinconia che ha le radici antiche nelle estati dell’infanzia. Superare questa tristezza che ci riporta all’autunno è anche e sempre un po’ un ri-diventare adulti, prendere consapevolezza che la levità dell’estate è solo un passaggio, e nemmeno così scontato.

Un libro sulla nostalgia
Ecco, “I giorni del mare” parla di tutto questo: siamo i Bretagna, nella casa al mare della famiglia del protagonista, trentenne che, alla luce delle sue ultime riflessioni, ha deciso di ascoltare il richiamo delle radici e tornare quindi a trascorrere l’estate lì, nella grande villa con le sue stanze abitate da cugini e familiari che si incontrano solo d’estate. Entrare nella villa è accedere a un mondo regolato da un segreto calendario costruito tra la sabbia e le onde estive, nella magica e potente suggestione dei paesaggi bretoni, e dell’estate sui mari del nord, che a me, abituata al Mediterraneo, coinvolge sempre tantissimo.
Non accade molto in questo libro: tutto è già accaduto. Del resto è un romanzo sulla nostalgia: accende un desiderio di ritorno alle estati meravigliose scolpite nei ricordi di infanzia. Quelle estati che tutti abbiamo in testa, di cui sentiamo fortissimo il richiamo dolce ma impossibile, perché sappiamo che non torneranno. Altrettanto forte è, almeno per me, il ricordo della fine di quelle estati: perché a un certo punto, magari passato Ferragosto, si sapeva inesorabilmente come sarebbe andata a finire. Il ritorno all’ordine, preannunciato da tanti segnali naturali e familiari (comprare il diario di scuola, vedere i maglioni nelle vetrine…). Per quelli di indole malinconica, come chi scrive, questa consapevolezza era già chiara prima di Ferragosto, ed era così che vivevamo quei caldi bellissimi giorni fatti solo di sale, mare, amici: sapendo già che l’estate sarebbe finita.
Ecco quello che avrebbe dovuto sempre essere l’estate tra amici al mare. Nient’altro che questo: momenti. E tenerezza. E non pensare a domani
È un sentimento straziante, che provo da tempo, che era gigante da bambina, e a cui Pierre Adrian ha dato una voce e una narrazione di grande profondità, elegante e autentica, così intensamente umana, e così al contempo letteraria. Nelle pagine di “I giorni del mare” sono sviluppati ad arte elementi mitici come le spiagge di Bretagna, la grande villa di famiglia, la consapevolezza, sempre più adulta, dello scorrere del tempo nella figura esile e anziana di una nonna che, cardine della famiglia, sembra essere il perno intorno al quale l’immaginario estivo di questa grande casa e dei suoi abitanti ruota.
Assomigliare all’agosto
Il talento di Pierre Adrian, in questo romanzo, è portarci dentro uno stato d’animo. Che si prende tutto, che rappresenta tutto, e che è fatto di tanti momenti singoli apparentemente insignificanti ma tutti funzionali al quadro totale. Un quadro tipico del mese di agosto. Non è più l’estate dell’attesa di giugno, né quella viva e luminosa di luglio: no, dalla pulsante voglia di staccarsi dalla routine e vivere la vacanza, agosto passa il testimone a un presagio di autunno. Metaforicamente parlando, e seguendo la strada della narrazione che prenderà anche il romanzo, l’autunno non è che l’età adulta. Inesorabile, buia, costretta a fare i patti con la fine.
gli amici dell’estate esistono solo nel mondo ben definito e chiuso delle vacanze. In altri contesti, sembra che evaporino e diventino semplici figuranti
E così diventare grandi, in questa storia, è vivere il capovolgimento che la metà di agosto conferisce allo spirito della vacanza al mare: la luce già autunnale, le ultime sere di festa in spiaggia da vivere, nella piena consapevolezza dei minuti che scorrono, delle persone che ci sono e non rivedrai, dell’altra vita che ti aspetta, quella che non è vacanza, che non è più agosto, e non è la Bretagna. Ma che cos’è, allora?
“Agosto era il mese che assomigliava di più alla vita”, si legge: agosto è persone e momenti, ricordi che sono propri solo di quei luoghi, in quel contesto, quello delle vacanze. Perché si sa – anche se non ho ancora capito bene perché, e questo libro è un faro nella nebbia malinconica – che le cose più importanti sono sempre in agguato lì, d’estate. L’estate come un luogo, uno stato dell’essere. L’estate che stabilisce le tappe di un percorso di crescita.
Poi ecco, agosto trascorre e all’improvviso, senza quasi essersi resi conto dei giorni, avendo tenuto silenziato il calendario inconfessabile delle vacanze, quegli ultimi giorni nel tempo e nello spazio magico stanno per finire. È un equilibrio difficile, quello degli ultimi giorni di vacanza: ci si volta indietro, si sa già quale sarà la strada. Si realizza che qualcosa è finito e non tornerà. L’estate, la gioia, l’infanzia priva di riferimenti temporali e per questo così scanzonata. Sembravano eterne, le vacanze nella grande casa bretone di famiglia, e invece sono trascorsi un sacco di giorni leggeri e sereni che, ci si confessa, speranzosi, forse torneranno. Ma l’età adulta non lascia spazio a troppe illusioni e questa storia darà un duro colpo al protagonista ricordandogli che la vita non è come la casa bretone, che le cose non restano uguali e che il tempo, anno dopo anno, mostra il suo passare inesorabile.
Il ritmo delle vacanze
Ho trovato “I giorni del mare” uno libro splendido, di prezioso scavo in una profondità che è forse tipica della mia età, verso la vita adulta, anzi già con i piedi in questa consapevolezza, che tuttavia sente ancora forte il legame con la spensieratezza del passato, la sua leggerezza. Al contempo, essere adulti è avere una visione consapevole ed è leggere l’appartenenza in tutte le sue variazioni. Il protagonista, mancato per un po’ dal rituale delle vacanze, ora è adulto e si spinge verso le sue radici proprio alla ricerca di una regolarità che già conosce, e per questo è rassicurante.
Pensai che esiste sempre una spiaggia migliore con una sabbia più fine, un mare migliore e più generoso. Ma non ci s’invita su una spiaggia così, all’improvviso. Per essere veramente felici e non pensare a niente, per potersi abbandonare e lasciare che il sole faccia svanire il corpo, bisogna esserci andati da sempre
È quello il suo obiettivo: la casa di famiglia dove tutto è già noto, i ritmi scanditi, gli incontri sicuri. Ci sono le ore della spiaggia, la grande casa con le sue stanze, la bicicletta, i bambini, le feste estive. Tutti gli ingredienti preparano la ricetta della spensieratezza nell’abbraccio protettivo della famiglia. Pierre Adrian è magistrale nell’evocare, con i paesaggi, le pieghe emotive e le parole, la purezza atemporale delle giornate estive, il trascorrere dei giorni identico. E, al contempo, la perturbante consapevolezza, remota ma presente, che tutto questo finirà.
Ma “poi lo vedi, qualcosa cambia dopo Ferragosto. Niente è più lo stesso. Ci si sente obbligati a partire e ad aspettare un altro anno”. Vivere le vacanze sul margine non è forse il rimedio consigliato a chi voglia sconfiggere lo stress, ma è l’atteggiamento e la posizione che il protagonista di questo romanzo ha: lui vuole afferrare il ricordo e l’atmosfera di quelle vacanze bretoni prima che scompaiano. Perché lo sa che accadrà: che non dureranno, quest’anno né per sempre. Che dovrà farsi bastare i ricordi, così intensi e vibranti da riattivare la stessa atmosfera. E sa, in fondo, che la vita non è una vacanza e che solo nell’infanzia si può alimentare quella assolata bellezza di vivere alla giornata senza la zavorra del tempo che trascorre. Immersi in un mondo che è poesia, come le pagine di questo incantevole romanzo sulla vita, condito di atmosfere bretoni e azzurrissima nostalgia.