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Ricordavo nettamente l’immagine dell’incipit: l’apertura del rubinetto della doccia. Rimasi affascinata da quell’immagine, e da tutto il racconto che seguiva: per il linguaggio, per il vertiginoso viaggio che con quel filo d’acqua si era aperto davanti agli occhi, per la debordante attualità del messaggio e del tema. Erano anni fa, ero alla Biblioteca nazionale di Torino e stavo assistendo a un incontro di cui non ricordo titolo né obiettivo, ma che era dedicato all’eco-critica, cioè ai rapporti tra letteratura e ambiente. E la professoressa Daniela Fargione fece riferimento a Italo Calvino leggendo un passaggio da un testo che non conoscevo e mi suonò di rara bellezza. Un testo di cui non sapevo il titolo né avevo i riferimenti bibliografici, e che fino a qualche mese fa non avevo mai più ritrovato. Poi accade l’impensabile: vado a una mostra sui libri di Calvino a Milano, scorrono testi rari, chicche e prime…