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Nel 2015 lessi un romanzo Bompiani che mi piacque tantissimo, Parole in disordine, di Alena Graedon, un testo che mi è prepotentemente tornato in mente oggi, 24 febbraio 2020, uno dei giorni caldi in cui l’ecosistema mediatico è concentrato sull’epidemia di Coronavirus in Italia. Ecco, questo romanzo parla di un virus, della sua diffusione, e dei media. Direi che è perfetto per il periodo.

Non più in là di tre settimane fa mi ero ripromessa di inaugurare con il 1 agosto un giochino scemo da rimbalzare sul faccialibro. Qualcosa che avesse strettamente a che fare con l’estate, con quella sensazione fatta di immagini che è rimasta scolpita nella mia infanzia estiva insieme a compiti delle vacanze accumulati in un angolo, partite infinite a calcetto, stecchi di ghiaccioli piantati in castelli sulla sabbia, braccialetti di filo intrecciati con la mia amica di Piacenza, tuffi scatenati dallo scivolo del pedalò. Parlo del Festivalbar. [Vi intuisco, che leggete e vi scappa un sorrisetto]. Insomma che tre settimane fa, mentre tornavo dal mare, mi parte nelle cuffie dell’ipod [sì, sono un dinosauro che ancora usa l’ipod in cui si sono fossilizzate playlist di almeno 3 anni fa perché poi l’oggettino blu non ha più dialogato col pc] una Carmen Consoli d’antan, e nella mente mi scatta subito il…